Dermatologia / Rassegna stampa

Tumori: il Sole fa bene ma solo se l'esposizione è limitata

No all'eccesso di creme protettive e occhio al mix con i cibi con effetto anti-sole: si rischia così di perdere gli effetti benefici di una moderata, costante e corretta esposizione solare. 15-20 minuti al sole ogni giorno durante la bella stagione aumentano la sintesi di vitamina D nell'organismo fino a 40 microgrammi, riducendo del 17% l'incidenza dei tumori e del 19% la mortalità, compreso il melanoma

Segreteria SIDeMaST, 23 May 2010 12:35

Tumori: il Sole fa bene ma solo se l'esposizione è limitata

No all'eccesso di creme protettive e occhio al mix con i cibi con effetto anti-sole: si rischia così di perdere gli effetti benefici di una moderata, costante e corretta esposizione solare. E' il consiglio di Torello Lotti, presidente della Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse (SIDeMaST), dal congresso della società scientifica in corso a Rimini fino al 22 maggio.

Secondo diversi studi in materia, 15-20 minuti al sole ogni giorno durante la bella stagione aumentano la sintesi di vitamina D nell'organismo fino a 40 microgrammi, riducendo del 17% l'incidenza dei tumori e del 19% la mortalità, compreso il melanoma.

Dunque, «non è consigliabile esagerare con la fotoprotezione - spiega Lotti - se all'uso delle creme solari, indispensabile per proteggere la pelle dai raggi, si aggiunge un consumo elevato di alimenti antiossidanti come cioccolato, vino rosso e tè nero si potrebbe paradossalmente arrivare a una protezione tanto consistente da compromettere una corretta sintesi di vitamina D».

«Le creme - ricorda - sono infatti molto efficaci, anche se limitatamente alle aree di applicazione, gli alimenti hanno effetti fotoprotettivi più modesti ma che riguardano tutto l'organismo: un eccesso di queste due fonti di protezione potrebbe rivelarsi negativo per assicurarsi ogni giorno la quantità di vitamina D utile a contrastare la cancerogenesi».

Anche bassi livelli di fotoesposizione di tipo occasionale, soprattutto se associati a una storia di ustioni, aumentano il pericolo di melanoma, mentre la probabilità si riduce progressivamente incrementando la durata complessiva di una fotoesposizione regolare, controllata e senza ustioni. «Le persone con una storia di esposizione solare cronica, soprattutto di tipo occupazionale - spiega l'esperto - svilupperebbero infatti una sorta di indurimento o hardening generalizzato della pelle, un fenomeno che manterrebbe il sistema immunitario e di riparazione del Dna in uno stato di stretta sorveglianza e iperattivazione. In pratica - conclude Lotti - se una cellula muta in senso neoplastico, è più probabile che venga riparata o eliminata senza lasciare che si sviluppi il tumore».

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