La spesa nel canale delle farmacie aperte al pubblico ammontata a 5.335 milioni di euro per un totale di 943 milioni di confezioni vendute.
I generici hanno assorbito il 22,44% del mercato a volumi, per un totale di 211,6 milioni di confezioni e il 14,2% del mercato a valori, per un totale di 756 milioni di euro.
Nei primi sei mesi dell’anno la spesa farmaceutica nel canale delle farmacie aperte al pubblico è ammontata a un totale di 5.335 milioni di euro per un totale di 943 milioni di confezioni vendute: i farmaci generici equivalenti hanno assorbito il 22,44% del mercato a volumi, per un totale di 211,6 milioni di confezioni e il 14,2% del mercato a valori, per un totale di 756 milioni di euro.
Questo il bilancio dell’aggiornamento semestrale dei trend del mercato degli equivalenti realizzato dall’Ufficio studi Assogenerici su dati IQVIA.
L’aggiornamento documenta per gli off patent non griffati un giro d’affari focalizzato in classe A, dove si concentra l’89% delle confezioni vendute e l’82% del fatturato realizzato, mentre resta decisamente più contenuta l’incidenza dei prodotti in classe C (10% a volumi; 16% a valori) e nell’area dell’automedicazione (1% a volumi e 2% a valori).
Complessivamente nel canale farmacia a giocare la parte del leone sono i prodotti fuori brevetto che assorbono il 74% delle confezioni vendute nel canale, senza distinzione di classe (61% a valori), ma con una netta predominanza dei brand a brevetto scaduto, che quotano il 70% a volumi e il 76% a valori del relativo mercato fuori brevetto.
Classe A: sei mesi al risparmio.
Tra gennaio e giugno 2019 i consumi a carico del Ssn nel canale farmacia sono complessivamente diminuiti dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2018: In particolare si registra una flessione delle confezioni relative ai prodotti ancora coperti da brevetto del -4,9% rispetto allo stesso periodo del 2018.
In crescita invece il segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto in particolare quello dei generici puri che fa registrare una crescita del +1,7% rispetto al periodo Gennaio-Giugno dell’anno precedente.
Ai minori volumi rimborsati è corrisposta una flessione dello 0,5% della spesa a carico del Ssn rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: In particolare si registra una flessione delle spesa relativa ai prodotti ancora coperti da brevetto del -7,8% rispetto allo stesso periodo del 2018.
In crescita invece il segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto in particolare quello dei generici unbranded che fa registrare una crescita del 7,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
I trend per area geografica.
Per quanto riguarda l’analisi dei consumi per area geografica, nel primo semestre 2019 il consumo degli equivalenti di classe A resta concentrato al Nord (37,1% a unità; 28,8% a valori), mentre risultano distanziati sia il Centro (27,6%; 22,2%) che il Sud Italia (22,1%; 17,7%), a fronte di una media Italia del 29,9% a volumi e del 23,8% a valori.
A separare Nord da Sud sono ancora 10 punti percentuali a unità e 11 punti percentuali a valori.
In particolare, a guidare la classifica dei consumi di equivalenti è la Provincia Autonoma di Trento (42,9 sul totale delle unità dispensate SSN nel periodo gennaio–giugno a fronte di una incidenza degli off patent sul totale dell’84,3%), seguita da Lombardia (39% sull’81,7% di off patent), Friuli Venezia Giulia (37,1% sull’83% di off patent) ed Emilia Romagna (36,8% sull’84% di off patent).
Ultima in classifica la Calabria (20,3% di equivalenti sull’83,3% di off patent rimborsati SSN nel primo semestre dell’anno).
Poco sopra Basilicata (20,4% sull’82,6% di off patent), Campania (21,4% sull’83,5% di off patent) e Sicilia (21,7% sull’82,8% di off patent).
Ammonta infine a 569,5 milioni di euro il totale del differenziale di prezzo pagato dai cittadini nei primi sei mesi del 2019 per ottenere il branded a brevetto scaduto invece del generico: la quota più alta in Lombardia (dove il differenziale versato nel semestre ammonta a 75 milioni di euro), seguita da Lazio (73 milioni), Campania (67 milioni) e Sicilia (59 milioni).
Il mercato ospedaliero.
Equivalenti in crescita, infine, nel mercato ospedaliero in classe A e H, con i volumi che si attestano nel primo trimestre dell’anno a 29,3% del totale e valori ex factory che si attestano al 6,5%: un dato tuttavia “teorico” che realisticamente corrisponde al 2,1% in valori al prezzo medio delle forniture ospedaliere, notoriamente effettuate solo per bandi di gara.
Anche nel mercato ospedaliero dominano i medicinali senza brevetto, che assorbono complessivamente il 68% a volumi e un 5,4% a valori, mentre i farmaci in esclusiva (protetti da brevetto o privi di generico corrispondente), assorbono il 32,3% a unità e il 94,6% a valori (prezzo medio).
Nel pool degli off patent non esclusivi di classe A e H, i generici equivalenti quotano il 43% a volumi e il 39% a valori.
Biosimilari in crescita.
Prosegue a grandi passi la crescita del mercato italiano dei biosimilari.
Nel primo semestre dell’anno le tredici molecole in commercio sul mercato nazionale (Enoxaparina, Epoetine, Etanercept, Filgrastim, Follitropina alfa, Infliximab, Insulina glargine, Rituximab, Somatropina, Insulina Lispo, Trastuzumab e Adalimumab e Pegfilgrastim biosimilari) hanno assorbito il 28% dei consumi nazionali a volumi (17% il dato consolidato 2018) contro il 72% detenuto dai corrispondenti originator.
Su base annua, tra il primo semestre 2018 e il primo semestre 2019 il consumo dei biosimilari risulta in crescita dell’88,2%%, al netto dei nuovi principi attivi biosimilari lanciati a partire dal giugno 2018.
In quattro casi i biosimilari hanno quasi completamente saturato il mercato di riferimento sostituendosi al biologico originatore.
Performace da star per il Filgrastim, i cui 5 biosimilari in commercio assorbono ormai il 95,99% del mercato a volumi (93% a valori); seguono le Epoetine biosimilari, che concentrano l’84,01% del mercato di riferimento a volumi (72,77% a valori).
Entrambe le molecole citate sono in commercio in versione biosimilare dal 2009.
Ancora più brillante la performance di altre due molecole: l’Infliximab biosimilare - in commercio dal febbraio 2015 – che totalizza l’84,01% del mercato a volumi (69,30% a valori) e il rituximab - in versione biosimilare dal luglio 2017 – che assorbe l’83,77% del mercato di riferimento (58,11% a valori).
Crescite di rilievo si registrano comunque anche per le molecole di più recente registrazione: adalimumab entrato sul nazionale mercato in veste biosimilare nel marzo 2018, concentra già il 41,74% del mercato di riferimento a volumi (11,38% a valori); trastuzumab biosimilare, commercializzato dal settembre 2018, quota dopo neanche un anno di vita il 28,54% del mercato a volumi (18,09% a valori).
E sembra destinato a registrare gli stessi trend anche il neonato pegfilgrastim biosimilare, affacciatosi sul mercato nazionale nel febbraio di quest’anno e già titolare a giugno del 7,60% del mercato a volumi (3,07% a valori).
Ampiamente diversificato e comunque generalmente in crescita il quadro dei consumi a livello regionale: a registrare il maggior consumo di biosimilari per tutte le molecole in commercio sono la Valle d’Aosta e il Piemonte con una incidenza dei biosimilari del 60,90% sul mercato complessivo di riferimento.
Seguono Toscana (44,25% di incidenza di biosimilari sul mercato complessivo di riferimento), Marche (41,97%), Emilia Romagna (41,76%).
All’estremo opposto, il minor grado di penetrazione dei biosimilari si registra in Umbria (8,14%), Calabria (10,78%) e Puglia (11,74%).