Dermatologia / Rassegna stampa

In arrivo il primo farmaco personalizzato per il melanoma metastatico

È vemurafenib, attivo sulla mutazione del gene BRAF V600, presente in metà di questi casi. Prodotto da Roche a Segrate è in attesa dell’autorizzazione Aifa. Oggi, in Italia, si registrano circa 7.000 nuovi casi di melanoma all'anno e 1.500 morti

Segreteria SIDeMaST, 17 Apr 2012 10:12

In arrivo il primo farmaco personalizzato per il melanoma metastatico

L'incidenza del melanoma è in aumento, per quanto riguarda l'Italia l'incremento negli ultimi dieci-quindici anni è stato del 27%, arrivando a 7.000 casi e 1.500 morti all'anno. Individuato nelle fasi iniziali può quasi sempre essere curato, ma se causa invece metastasi a organi come fegato, polmoni, ossa e cervello la probabilità di essere vivi a un anno dalla diagnosi cala drasticamente a un caso su quattro. Sono circa 1.800 all'anno in Italia le persone colpite da melanoma metastatico, con una sopravvivenza media di sei-nove mesi.

Ma questi malati hanno ora una nuova arma, il primo farmaco personalizzato per il trattamento del melanoma metastatico: vemurafenib, attivo sulla mutazione BRAF V600 che si riscontra nel 50% dei casi. Il farmaco è realizzato da Roche nello stabilimento di Segrate (Milano) che rifornisce gli Stati Uniti, dove l'ha autorizzato la Fda nel 2011, e paesi europei come Gran Bretagna, Germania, Lussemburgo e Svizzera: in Europa l'autorizzazione dell'Ema è di febbraio 2012 e in Italia si attende quella dell'Aifa; intanto però l'azienda lo rende disponibile per uso nominale, a richiesta dei centri di cura. La commercializzazione dovrebbe essere a breve, come auspicato nel media tutorial promosso oggi a Segrate dal titolo significativo «Melanoma: una questione di tempo».

L'innovazione costituita da vemurafenib rientra nella logica della medicina personalizzata, cioè la terapia giusta per specifici gruppi di pazienti, a vantaggio di malati e medici ma anche del Sistema sanitario: infatti la molecola è stata sviluppata insieme a un test diagnostico correlato, per un utilizzo mirato. «Nel melanoma c'entrano fattori genetici e comportamentali legati all'esposizione al sole, l'incidenza è maggiore tra chi si espone saltuariamente ed eccessivamente al sole («malattia dei colletti bianchi»); fattori di rischio storia familiare, pelle chiara, scottature, nei atipici, molte lentiggini, anche uso di lampade e lettini abbronzanti » ricorda Vanna Chiarion Sileni, responsabile Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto di Padova. «In Italia aumenta di più al Nord che nel Centro e nel Sud, l'incidenza è maggiore nelle fasce socio-economiche più elevate ma in quelle meno agiate è più frequente il ritardo diagnostico».

Quanto al melanoma metastatico, spiega Paolo Ascierto, vicedirettore Unità oncologica e medicina innovativa Istituto Tumori di Nspoli G. Pascale e presidente della Fondazione Melanoma: «Sappiamo che in metà di questi casi è in causa una mutazione della proteina BRAF, inserita in un circuito di quattro proteine che è simile a un circuito elettrico in cui esse agiscono come interruttori. Quando nella BRAF c'è la mutazione V600 questa funziona come un interruttore sempre acceso e dà quindi un segnale continuo di proliferazione. Vemurafenib spegne specificamente la forma attivata con la mutazione V600». Una caratteristica è la rapidità d'azione: «L'effetto si evidenzia già dopo 15 giorni, inoltre uno studio di fase II ha mostrato che la mediana di sopravvivenza è di 16 mesi, probabilmente la più alta mai riscontrata in uno studio simile nel melanoma metastatico».

«Disporre di farmaci mirati e target molecolari ben caratterizzati consente di aumentare l'efficacia delle terapie e una diminuire inutili effetti tossici» rileva Carmine Pinto, U.O. Oncologia medica Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna e segretario nazionale Aiom. Dalla parte del paziente, vemurafenib presenta anche la transitorietà e reversibilità dei principali effetti collaterali con adeguato trattamento sintomatico e la somministrazione per via orale, invece che in vena.

Un altro aspetto è quello relativo alle metastasi cerebrali. «Un terzo circa dei pazienti con melanoma giunti alla diagnosi in fase avanzata presenta metastasi cerebrali, con una sopravvivenza media intorno a 4 mesi» spiega Michele Maio, direttore Immunoterapia oncologica, Policlinico Santa Maria alle Scotte Siena. «Ora si può ricorrere solo alla radioterapia o alla chirurgia, ma ci sono indicazioni che vemurafenib possa essere efficace in questi casi complessi, lo stiamo verificando con il più ampio studio specifico».

La diagnosi precoce nel melanoma è fondamentale, altrettanto lo è l'approccio multidisciplinare tra diversi operatori, dalla diagnosi alla terapia; da questo la creazione di Melanoma Unit, come quella dell'Istituto europeo di oncologia di Milano. Senza dimenticare l'importanza della prevenzione primaria, cominciando dalla protezione dalle scottature solari fino dall'infanzia.

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