Dermatologia / Rassegna stampa

Verso una cura per la vitiligine con il Dna di una proteina mutata

Ha funzionato la sperimentazione sui topi che hanno recuperato il 75 per cento della pigmentazione

Segreteria SIDeMaST, 23 Sep 2013 08:42

Argomenti: vitiligine
Verso una cura per la vitiligine con il Dna di una proteina mutata

La vitiligine colpisce l'1-2 per cento della popolazione, è più frequente fra le donne in giovane età, e purtroppo non ha ancora una terapia risolutiva. Sebbene infatti esistano trattamenti che ne ritardano la progressione, nessuno può invertire né fermare il processo che porta il sistema immunitario a distruggere i melanociti (le cellule che contengono la melanina) determinando le caratteristiche e macchie bianche sulla pelle. La vitiligine è dunque una malattia autoimmune, e può riguardare una sola parte del corpo, o estendersi a tutta la superficie.

LA RICERCA - Ora però una ricerca statunitense, pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine, propone una strada nuova che, negli esperimenti condotti su animali e su tessuti prelevati da pazienti, sembra funzionare molto meglio rispetto alle terapie disponibili. La strategia è tutta basata su una proteina chiamata HSP70, che in passato si era mostrata essenziale nel mediare la reazione immunitaria che porta alla distruzione dei melanociti. Sotto la guida di Caroline Le Poole, i ricercatori della Loyola University di Chicago hanno dimostrato che cambiare uno soltanto dei 615 aminoacidi che compongono la molecola permette di arrestare il processo autoimmune. In alcuni topi da laboratorio predisposti a contrarre la malattia, è stato somministrato il Dna della proteina mutata, che una volta raggiunte le cellule della cute ha impedito al sistema immunitario di attaccare i melanociti, fermando di fatto il processo degenerativo. Gli animali predisposti alla malattia, «vaccinati» con il Dna, non hanno sviluppato le chiazze.

LA SPERIMENTAZIONE SUI TOPI - Ma il risultato più rilevante è stato ottenuti sui topi che avevano già iniziato a manifestare la vitiligine: a sei mesi dall'ultima delle quattro iniezioni di Dna a cui sono stati sottoposti, hanno infatti recuperato il 75 per cento della pigmentazione perduta. Per dirla con le parole di La Poole «sono tornati normali». E senza mostrare nessun effetto collaterale. E non è finita qui. Forte di un finanziamento degli NIH di un milione e 250 mila dollari (segno che la ricerca dà risultati, se è ben finanziata), il gruppo ha sperimentato la stessa procedura su biopsie di cute prelevate da pazienti, e anche in questo caso la HSP70 mutata ha mostrato di poter arrestare la cascata di reazioni che porta il sistema immunitario a distruggere i melanociti. A fronte dei risultati, il gruppo ha quindi sottoposto una domanda di brevetto per la proteina modificata. Prima di pensare a una terapia, lo studio andrà però confermato da altri esperimenti.

IL FUTURO - E gli stessi ricercatori non nascondono che in passato la somministrazione di vaccini basati sul Dna non ha sempre portato ai risultati sperati, quando dai laboratori si è passati all'uomo. È però un fatto che per la prima volta che si è riusciti a invertire il processo che sta alla base della vitiligine. Per questo, concludono gli scienziati, «i risultati ottenuti sugli animali e sui campioni di tessuto umano indicano che un simile approccio potrebbe funzionare anche sui pazienti».

  • keyboard-arrow-right Fonte Il Corriere della sera
  • keyboard-arrow-right Autori Margherita Fronte
  • keyboard-arrow-right Link fonte Link articolo originale
  • keyboard-arrow-right Parole chiave vitiligine

Contenuti recenti