Gli esperti mettono in guardia dai rischi del sole fuori stagione e svelano i falsi miti che possono ostacolare la lotta al melanoma. Circa 1 italiano su 4 si concede una vacanza invernale, ma quasi il 20% deve affrontare un'ustione solare. Ma dalla ricerca scientifica arrivano buone notizie. Lo studio Roche condotta da GfK Eurisko.
Piste da sci e spiagge lontane: circa 1 italiano su 4 si concede una vacanza invernale al mare o in montagna, ma in quasi il 20% dei casi le scottature rischiano di rovinare riposo e divertimento. Si stima che il sole fuori stagione scotti ogni anno la pelle di oltre 2 milioni di italiani. Un problema da non sottovalutare se si considera che in media un italiano accumula ben 5-6 scottature nel corso della vita, il 15% supera la soglia critica delle 10 ustioni e il 7% ne subisce addirittura più di 20. È preoccupante il quadro che emerge dall'indagine "Il sole fuori stagione" promossa da Roche e condotta da GfK Eurisko su un campione rappresentativo della popolazione italiana: l'accumularsi delle scottature è, infatti, direttamente correlato a un aumento del rischio di contrarre un tumore della pelle.
Gli esperti raccomandano un po' di buon senso e maggiore attenzione nel proteggersi dal sole, tanto d'estate quanto d'inverno. Sono, infatti, circa 1.900 (5 ogni 24 ore) le persone che ogni anno in Italia muoiono a causa di melanoma, il tumore della pelle più temuto.
Buone notizie arrivano dalla ricerca scientifica: l'Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha approvato la combinazione dei farmaci a bersaglio molecolare vemurafenib-cobimetinib per il trattamento del melanoma avanzato o metastatico BRAF mutato, che ha dimostrato di aumentare significativamente la sopravvivenza media dei pazienti fino a quasi 2 anni, riducendo il rischio di morte del 30%. La mutazione del gene BRAF è presente in circa il 50% dei melanomi.
Sole d'inverno. Il 44% degli italiani ritiene che sia più pericoloso il sole preso al mare, d'estate, sottovalutando i rischi delle scottature nei mesi freddi, sulle piste da sci o su spiagge lontane. "Il sole fuori stagione è un fattore che spesso si dimentica nella prevenzione del melanoma. Eppure,d'inverno la pelle è fuori allenamento e in montagna il sole può fare male: i livelli dei raggi ultravioletti aumentano del 10-12% ogni mille metri di altezza, senza considerare che la neve riflette circa l'80% dei raggi, contro il 25% del mare e il 15% della sabbia. È dunque importante proteggere la pelle tutto l'anno, al mare come in montagna, soprattutto quando ci si espone al sole in modo intensivo e intermittente, come ad esempio nel weekend o nella settimana di vacanza invernale", commenta Paola Queirolo, Presidente dell'Intergruppo Melanoma Italiano (IMI) e Responsabile DMT Melanoma e Tumori Cutanei - IRCCS San Martino-IST di Genova.
Caffè, frutta e falsi miti. La lotta al melanoma passa anche attraverso alcuni falsi miti e convinzioni errate. Infatti, solo il 39% degli italiani indica le scottature tra le possibili cause di un tumore della pelle e meno di un terzo (il 29%) riconosce il pericolo delle lampade abbronzanti. Non solo: circa la metà crede che tutta la frutta (50%) e la verdura (53%) abbiano il potere di diminuire il rischio d'insorgenza di melanoma, mentre vengono incriminati lo stress (aumenterebbe il rischio per il 35% del campione) e la carne rossa (27%). "A volte gli studi scientifici possono portare a risultati sorprendenti. Ad esempio, pochi pensano al caffè come bevanda dal potere protettivo. Eppure, un recente studio americano suggerisce un potenziale effetto benefico del caffè, con un rischio ridotto del 20% per chi consuma 4 o più tazze di caffè al giorno. Al contrario, nessuno dubiterebbe della bontà della frutta: tuttavia, un altro studio statunitense ha individuato un possibile legame tra il consumo quotidiano di agrumi e un aumento del 36% nel rischio di sviluppare un melanoma. In ogni caso, indipendentemente da caffè e agrumi, è certo che bisogna rinunciare alle lampade abbronzanti, evitare le esposizioni selvagge al sole e controllare più spesso, almeno una volta all'anno, i propri nei dal dermatologo", dichiara Paolo Ascierto, Presidente della Fondazione Melanoma e Direttore dell'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative - IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli.
Giovani e melanoma. Sorprende come siano proprio i più giovani, tra i 18 e i 34 anni, i meno attenti ai pericoli del sole: infatti, 1 su 3 ammette di essersi scottato spesso negli ultimi anni, le donne un po' più degli uomini. "Il melanoma è oggi uno dei principali tumori che insorge in giovane età, con una media di soli 50 anni e ben 1 caso su 5 che viene riscontrato prima dei 40 anni. Negli Stati Uniti il melanoma rappresenta il 5% dei nuovi casi stimati di tumore nel sesso maschile e il 4% in quello femminile. Inoltre, tra 0 e 39 anni, è la seconda neoplasia per frequenza. Per questo motivo soprattutto i giovani devono stare attenti al sole: i danni al DNA cellulare, infatti, si accumulano favorendo la trasformazione tumorale e, dunque, le ustioni solari in giovane età costituiscono uno dei principali fattori di rischio. Oggi in Italia quasi 130 mila persone convivono con un melanoma e si registrano più di 11 mila nuovi casi all'anno. Sono dati importanti, a maggior ragione se si considera che l'incidenza è in costante ascesa ed è più che raddoppiata negli ultimi 30 anni, con una crescita di circa il 3% all'anno sia negli uomini, sia nelle donne", spiega Michele Del Vecchio, Referente Melanoma Unità di Medicina Oncologica 1, Dipartimento di Oncologia Medica, IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Progressi terapeutici. Negli ultimi anni si è compiuta una rivoluzione nei trattamenti per il melanoma metastatico, che sta portando a una riduzione della mortalità del più aggressivo tumore della pelle. Tra le ultime novità terapeutiche c'è la combinazione dei farmaci a bersaglio molecolare vemurafenib-cobimetinib3, che è stata da poco approvata dall'Agenzia Europea del Farmaco (EMA) per il trattamento del melanoma avanzato o metastatico positivo alla mutazione V600 del gene BRAF, presente in circa il 50% dei melanomi. Vemurafenib3 e cobimetinib3 sono in grado di bloccare selettivamente l'attività di due proteine, rispettivamente BRAF mutato e MEK, in modo da interrompere l'anomalo segnale che causa la crescita incontrollata delle cellule tumorali.
"Il futuro dei trattamenti contro il melanoma sta nelle terapie di combinazione. L'approvazione dell'associazione vemurafenib-cobimetinib3 in Europa - commenta la dottoressa Paola Queirolo - ne è un'ulteriore conferma e rappresenta un importante passo in avanti per tutti i pazienti affetti da melanoma metastatico con la mutazione del gene BRAF. La nuova combinazione terapeutica, infatti, prolunga il tempo vissuto dai pazienti senza peggioramento della malattia, riducendo il rischio di morte fino al 30%".
"L'approvazione dell'Agenzia Europea del Farmaco - aggiunge il dottor Paolo Ascierto - si basa sui risultati dello studio CoBrim, in cui l'Italia ha avuto un ruolo di primo piano a livello internazionale. Si tratta di uno studio di fondamentale importanza nel trattamento del melanoma: se fino a qualche anno fa la sopravvivenza globale si misurava in mesi, con la soglia critica di 6-9 mesi, oggi la combinazione vemurafenib-cobimetinib3 ha dimostrato di aumentare significativamente la sopravvivenza media fino a quasi 2 anni".
"Con la combinazione vemurafenib-cobimetinib3 si sono registrati dati importanti anche nella diminuzione della tossicità cutanea - conclude il dottor Michele Del Vecchio - con un conseguente miglioramento della qualità di vita dei pazienti. È importante sottolineare, prima di tutto, che la maggior parte degli effetti collaterali sono reversibili e transitori, possono essere gestiti con un adeguato trattamento sintomatico e soprattutto che si possono prevenire con una corretta educazione del paziente. Inoltre, è bene ricordare che si tratta di una terapia orale, che comporta dunque un impatto psicologico migliore rispetto alle terapie endovenose".
"L'approvazione da parte dell'Agenzia Europea del Farmaco della combinazione vemurafenib-cobimetinib3 - commenta Caterina Golotta, Country OncoHematology Medical Affairs Leader di Roche Italia - rappresenta un grande passo in avanti per i cittadini europei affetti da melanoma metastatico BRAF mutato. I risultati ottenuti con la combinazione di vemurafenib-cobimetinib3 segnano una svolta importante in termini di sopravvivenza per la storia clinica delle persone con questa patologia: basti pensare che siamo passati da un tasso di sopravvivenza nel melanoma avanzato o metastatico che, fino a pochi anni fa, si misurava in mesi a risultati attuali che ci permettono di arrivare a circa 2 anni. L'approvazione da parte dell'EMA conferma ulteriormente l'impegno di Roche nella ricerca di nuove soluzioni terapeutiche che offrano ai medici armi efficaci e ai pazienti speranza di vita. Questo impegno, in Italia, si concretizza in un investimento in ricerca clinica che nel 2015 in ambito oncologico è stato di circa 30 milioni di euro, con ben 145 studi che hanno coinvolto circa 9 mila pazienti. Nell'ambito del melanoma, dall'inizio dello sviluppo di vemurafenib3 e cobimetinib3 ad oggi, sono 1068 i pazienti italiani che sono stati inclusi in studi registrativi e post registrativi Roche. Per questo motivo, sentiamo la responsabilità di continuare il nostro impegno al fianco dei pazienti, in particolare nella lotta contro patologie, come il melanoma metastatico, per le quali per anni non si sono registrate novità terapeutiche rilevanti".