Dermatologia / Rassegna stampa

Otto malati di psoriasi su dieci discriminati a causa della loro pelle

Le lesioni, tipiche della malattia, rovinano intimità col partner, relazioni sociali e lavoro. Liberarsi dalle chiazze è possibile, ma resta un miraggio per il 55% dei malati

Segreteria SIDeMaST, 13 Aug 2016 04:37

Argomenti: psoriasi
Otto malati di psoriasi su dieci discriminati a causa della loro pelle

Quasi la metà dei malati di psoriasi si è sentito chiedere se le chiazze sulla pelle sono contagiose e un terzo viene "fissato" dalle altre persone quando è in costume in piscina o al mare. Più di otto su dieci hanno subito discriminazioni o umiliazioni e al 16 per cento dei pazienti è capitato persino di vedersi rifiutare i servizi di estetiste, parrucchieri o commessi. A fotografare quanto possa pesare questa patologia cutanea nella vita quotidiana di chi ne soffre è un sondaggio condotto a livello globale su oltre 8.300 persone con psoriasi da moderata a severa, tra le quali oltre 600 italiane che hanno raccontato le proprie sensazioni associate alla patologia: circa il 40 per cento si sente in imbarazzo, una su tre si vede poco attraente e si vergogna della propria pelle e quasi sei pazienti su dieci ne subiscono l'impatto sulla vita lavorativa.

Una pelle libera dalle chiazze

I risultati dell'indagine Clear about Psoriasis, condotta in 31 Paesi (da Gfk con un finanziamento di Novartis), mostrano come il 43 per cento delle persone intervistate abbia la sensazione che le lesioni cutanee abbiano influenzato negativamente i propri rapporti con partner (tanto che circa la metà tende a evitare rapporti sessuali o relazioni intime e oltre un quarto non sopporta di essere toccata sulla pelle) e per il 54 per cento il condizionamento negativo ha coinvolto la sfera professionale, tanto che al 14 per cento degli interpellati vengono proposte mansioni che minimizzano l'interazione con gli altri e il 38 per cento non si sente completamente produttivo a causa del continuo prurito. Nonostante esistano molte terapie efficaci, tuttavia, ben il 55 per cento degli interessati nutre aspettative molto scarse per quanto riguarda la possibilità di raggiungere un obiettivo oggi possibile: ottenere una pelle libera da lesioni. «Sebbene i dati mostrati da questo sondaggio rivelino scetticismo nei confronti della possibilità di tornare ad avere una "pelle pulita", tutti i pazienti ne hanno diritto - dice Giampiero Girolomoni, presidente della Società Italiana di Dermatologia Medica (SIDeMaST) e ordinario di Dermatologia dell'Università di Verona -. Il nostro compito di dermatologi è stare a fianco dei pazienti esortandoli a pretendere di più e a non accontentarsi se non di una pelle libera da lesioni. Le forme lievi si possono trattare con preparati topici (come creme, lozioni, unguenti e gel), le forme moderate o gravi richiedono terapie con farmaci orali o iniettivi. In ogni caso la ricerca ha sviluppato dei trattamenti che permettono di curare la malattia in modo molto efficace, molto più di prima, fino a cancellarla completamente dalla pelle».

Tanti tentativi, fra medici e terapie diversi

La psoriasi è una diffusa malattia cronica, non contagiosa, che colpisce fino al 3 per cento della popolazione mondiale. La psoriasi a placche (il tipo più comune) si presenta sotto forma di chiazze rosse in rilievo, ricoperte da uno strato bianco-argenteo di cellule cutanee morte. Ad oggi ancora non esiste una cura definitiva e spesso trovare la terapia giusta non è semplice, come confermano i dati di quest'ultima indagine, secondo la quale in media i pazienti consultano tre specialisti diversi e provano quattro trattamenti differenti prima di trovarne uno che funzioni. A un terzo degli interpellati sono serviti oltre cinque anni per individuare la cura in grado di dare loro una pelle libera (o quasi) da lesioni. «Ogni paziente ha la "sua" psoriasi e la vive a modo suo - conclude Girolomoni - : alcuni malati, specie se le lesioni sono limitate, riescono a convivere bene con la patologia, ma la maggior parte preferisce avere la pelle pulita totalmente o quasi, tanto da potersi dimenticare di averla. Per raggiungere questo obiettivo serve un confronto continuo e stabile con il dermatologo, un rapporto di fiducia che tenga conto delle necessità dei pazienti, con i quali collaborare fino a quando non si trova una soluzione soddisfacente».

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