Dermatologia / Rassegna stampa

Melanoma: scoperta al Bufalini la mutazione di un nuovo gene.

La mutazione riguarda il gene "POT1" ed è stata individuata proprio grazie allo studio condotto da dott. Donato Calista - responsabile dell'ambulatorio Dermatologia Melanoma dell'Ausl - che ha analizzato il DNA di 56 famiglie emiliano-romagnole e marchigiane, con almeno due casi di melanoma in parenti di primo grado.

Luigi Semeraro, 23 Apr 2014 04:29

Argomenti: melanoma sole
Melanoma: scoperta al Bufalini la mutazione di un nuovo gene.

L'Unità operativa di Dermatologia dell'ospedale Bufalini di Cesena ancora in prima linea nello studio del melanoma, uno dei tumori della pelle più aggressivi e pericolosi che ogni anno, in Italia, registra circa 10 casi ogni 100 mila abitanti. Si tratta di un'importante ricerca scientifica internazionale, che ha portato alla scoperta di un quinto gene, la cui mutazione è in grado di influenzare l'insorgere dei melanomi cutanei anche in persone o parti del corpo non esposte al sole.

Lo studio, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista 'Nature Genetics', ha coinvolto un team di ricercatori americani ed europei, coordinati dalla professoressa Maria Teresa Landi del National Cancer Institute di Bethesda, ed ha visto la partecipazione attiva del Centro del Melanoma dell'ospedale M. Bufalini di Cesena.

LA SCOPERTA. La mutazione riguarda il gene "POT1" ed è stata individuata proprio grazie allo studio condotto da dott. Donato Calista - responsabile dell'ambulatorio Dermatologia Melanoma dell'Ausl - che ha analizzato il DNA di 56 famiglie emiliano-romagnole e marchigiane, con almeno due casi di melanoma in parenti di primo grado.

Dallo studio è emerso che si tratta di una mutazione piuttosto rara, individuata in sole 5 famiglie romagnole sui 56 nuclei familiari oggetto di studio, che potrebbe avere avuto un'importanza decisiva nel predisporre i membri di tali famiglie ad ammalarsi di melanoma, indipendentemente dal fototipo ed anche in assenza di eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette. La professoressa Landi ed il suo team sono, inoltre, riusciti a stabilire che, nelle famiglie romagnole studiate dal dott. Calista, la nuova mutazione sia comparsa almeno una decina di generazioni fa. Il gene mutato potrebbe, dunque, essere comparso in Romagna verso la metà del 700.

LA SPIEGAZIONE. "In oltre il 90-95% dei casi - spiega il dott. Calista, le mutazioni genetiche compaiono durante il corso della vita, nelle cellule somatiche, per effetto dell'azione di fattori ambientali come l'esposizione eccessiva alle radiazioni ultraviolette nel caso dei tumori della pelle. Nel restante 5-10% dei casi le mutazioni cancerogene avvengono nelle cellule germinali (ovulo o spermatozoo) e, proprio per questo, possono essere trasmesse alla progenie. Il possedere una mutazione germinale non significa tuttavia che si svilupperà necessariamente la neoplasia ma solo che, rispetto alla popolazione non portatrice del difetto, si possiede un rischio maggiore di ammalarsi".

Grazie alla scoperta cesenate, oltre alle cinque famiglie romagnole, è stato possibile identificare la mutazione del gene POT1 in altre due nuclei familiari, due francesi ed uno americano, su 13.000 pazienti, affetti da melanoma, di varie nazionalità: italiani, spagnoli, francesi e statunitensi".

"Le applicazioni nella pratica clinica di tali risultati, tuttavia, - sottolinea il dott. Calista - sono ancora in fase di valutazione, non essendo possibile modificare in alcun modo il corredo genetico dell'individuo. Per questo, dal punto di vista della prevenzione del melanoma, rimangono validi tutti i consigli fino ad ora forniti dai dermatologi: adeguata protezione dalle radiazioni UV e soprattutto auto sorveglianza attraverso il controllo metodico della propria pelle".

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