Le donne sotto i 40 anni al momento della diagnosi di melanoma usano le lampade abbronzanti in età più giovane e con maggiore frequenza rispetto a chi invece ha scoperto il tumore in epoca più tarda. Sono queste le conclusioni di uno studio appena pubblicato su Jama Dermatology firmato dai ricercatori dell'Università del Minnesota coordinati da DeAnn Lazovich, professore associato di epidemiologia e salute pubblica. Allo studio hanno preso parte 681 pazienti ambosessi con diagnosi di melanoma posta tra il 2004 e il 2007 e 654 soggetti di controllo tra 25 e 49 anni. «Più della metà dei componenti di entrambi i gruppi erano donne, e quelle che si abbronzavano nei centri di bellezza avevano un rischio di sviluppare il tumore cutaneo aumentato da due a sei volte rispetto alle altre» esordisce la ricercatrice, precisando che in confronto alle partecipanti tra 40 e 49 anni, quelle sotto i 40 riferivano di avere iniziato l'abbronzatura indoor già in giovane età (16 contro 25 anni) e di averla utilizzata con maggiore frequenza, con un numero medio di sessioni rispettivamente di 100 e di 40.
«Viceversa, gli uomini hanno usato le lampade abbronzanti con meno frequenza rispetto alle donne: 44,3% contro 78,2%, fatto che potrebbe in parte spiegare la scarsa correlazione tra abbronzatura indoor e melanoma tra i maschi» scrivono gli autori. Conclude Lazovich: «I nostri risultati suggeriscono che gli sforzi per regolamentare l'uso delle lampade abbronzanti sono essenziali per arginare l'epidemia di melanoma, specie tra le giovani donne». E in un editoriale Gery Guy, dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, commenta: «Questi dati confermano che ridurre l'esposizione ai raggi ultravioletti emessi dalle lampade abbronzanti è utile per prevenire il melanoma. Ciò detto, sarebbe necessario istituire un programma di monitoraggio continuo per determinare l'impatto delle politiche mirate a regolamentare l'uso dell'abbronzatura indoor sull'incidenza del melanoma».