Le prime risultanze del trial portato avanti dall'Iss insieme all'IDI per la vaccinazione terapeutica con cellule dendritiche in pazienti con melanoma avanzato sono positivi sia in termini di sicurezza ma anche di risposta immune. Il trial proseguirà in questa direzione associando alla chemioterapia l'uso di queste cellule.
Si è concluso il trial clinico di vaccinazione terapeutica di pazienti affetti da melanoma avanzato che prevede l'utilizzo di cellule dendritiche prodotte nell'officina farmaceutica del Dipartimento di Oncologia, Ematologia e Medicina Molecolare dell'Istituto Superiore di Sanità diretta da Filippo Belardelli. I primi risultati in termini di sicurezza, ma anche di risposta immune, incoraggiano a continuare in questa direzione associando alla chemioterapia l'uso di queste cellule. Questa prima fase della ricerca è stata condotta in collaborazione con l'Istituto Dermopatico dell'Immacolata (IDI), con la supervisione di Paolo Marchetti e i risultati sono stati pubblicati su Journal of Translational Medicine.
Si tratta di uno studio particolarmente importante perché, nonostante sia stato arruolato un ristretto numero di pazienti, i risultati, sia in termini di sicurezza sia di risposta immunitaria, incoraggiano a proseguire con ulteriori sperimentazioni cliniche che possano confermare e migliorare le possibilità terapeutiche di questo innovativo approccio. La prognosi dei pazienti con melanoma allo stadio avanzato permane , ancora oggi, molto grave. Pertanto si stanno sviluppando diverse strategie terapeutiche innovative che, sebbene siano caratterizzate da maggiore efficacia, presentato un certo grado di tossicità e rendono necessario lo sviluppo di ulteriori approcci.
Lo studio condotto con l'IDI ha previsto un particolare utilizzo delle Cellule Dendritiche (DC), che sono cellule normalmente presenti nel sangue in quantità relativamente basse con il compito di innescare la risposta immunitaria grazie alla loro capacità di riconoscere ed inglobare gli "antigeni" estranei all'organismo, siano essi microrganismi o antigeni tumorali, cioè molecole presenti nelle cellule tumorali. Gli antigeni tumorali vengono "presentati" dalle DC alle cellule effettrici della risposta immune, i linfociti T, rendendoli in grado di riconoscere e uccidere le cellule tumorali.
Nello studio è stato impiegato un particolare tipo di cellule dendritiche, ottenute a partire da cellule del sangue periferico dei pazienti, le IFN - DC (denominate così perché coltivate ex vivo in presenza di Interferone alfa). Queste cellule, messe a punto dall'équipe di ricerca guidata da Belardelli, sono state brevettate e sono oggetto di numerose pubblicazioni su riviste internazionali.
Studi in corso sulle cellule dendritiche
Il protocollo sperimentale è basato sull'associazione tra la somministrazione di un chemioterapico, la dacarbazina, seguita dall'inoculo delle IFN-DC. Il chemioterapico induce l'apoptosi delle cellule tumorali fornendo un ampio spettro di antigeni alle IFN-DC che vengono somministrate direttamente in una lesione tumorale dopo 24 ore.
Le IFN-DC sono state prodotte presso la cell factory dell'ISS, FaBioCell, a partire da precursori ottenuti dal sangue periferico del paziente, ottenute mediante la procedura di linfocitaferesi effettuata presso il centro trasfusionale dell'Ospedale Sant'Andrea. I pazienti sono stati sottoposti a sei cicli di trattamento (dacarbazina + IFN-DC) ad intervalli di circa 20 giorni.
La sperimentazione ha permesso di verificare la tollerabilità del trattamento non essendo state riscontrate tossicità e reazioni avverse. È stato inoltre possibile verificare l'induzione della risposta immune nei confronti di antigeni tumore specifici. In particolare, in un paziente, rivalutato a 21 mesi dal termine del trattamento, è stata verificata la persistenza della risposta immune e la presenza di infiltrazione di cellule immuni nella lesione tumorale.
E' stato avviato un ulteriore protocollo sperimentale, in collaborazione con Christina Cox (Ospedale Sant'Andrea - Roma), destinato al trattamento di pazienti affetti da linfoma indolente. In questo caso la funzione svolta dal chemioterapico è affidata al Rituximab. Il Rituximab è un anticorpo monoclonale anti-CD20, entrato nella pratica clinica della terapia dei linfomi CD20+ da oltre 10 anni, che agisce inducendo la morte delle cellule linfomatose per "apoptosi". Il protocollo prevede l'inoculo intratumorale del Rituximab seguito, sempre dopo 24h, dalla somministrazione delle IFN-DC. Sono stati arruolati 3 pazienti, due dei quali hanno concluso il ciclo di trattamento.
I risultati, assolutamente preliminari e da valutare nel tempo, sono estremamente incoraggianti. Infatti, oltre a confermare l'assoluta sicurezza e tollerabilità del trattamento, abbiamo osservato, in tutti i pazienti, una netta riduzione o, addirittura, scomparsa delle lesioni tumorali lontane dal sito di inoculo.