Sembra essere una «questione di pelle» quella che vede diverse Università in varie parti del mondo impegnate nella realizzazione del prototipo migliore. Si tratta di pelle elettronica - «e-skin» -, tecnologia che finalmente copre una lacuna importante nella robotica. Se fino ad oggi la scienza ci ha offerto delle buone alternative artificiali per i sensi dell'udito e della vista (da telecamere ad alta risoluzione a microfoni molto sensibili), per olfatto e tatto sembrava non trovare soluzioni.
Così dopo l'incredibile scoperta dell'Università di Berkley, in California, dove il Professor Ali Javey sviluppava non solo un protipo di 'pelle artificiale' ma mostrava al mondo intero come riprodurla grazie a particolarissime stampanti bio in 3D, ora è il turno del suo collega John Rogers, dell'Università dell'Illinois a Urbana-Champaign. La sua équipe ha sperimentato un «e-Tattoo», ovvero un tatuaggio intelligente: si chiama Ees (sistema elettronico epidermico) e consiste in un dispositivo elettronico che non raggiunge lo spessore di un capello umano.
Nello specifico si tratta di un sensore installato su una lamina di plastica solubile in acqua che aderisce alla pelle come un tatuaggio temporale. Basta solo bagnarlo. «Grazie a questa tecnologia potremo monitorare i parametri vitali dei pazienti e le funzioni dei principali organi, mettendo da parte le apparecchiature classiche» - ha dichiarato Todd Coleman, uno degli scenziati del progetto - «Pensiamo ai neonati prematuri o a quei pazienti che presentano apnea durante il sonno che subirebbero meno stress senza essere collegati a cavi o macchinari per la ventilazione».
Il sistema, già sperimentato su un gruppo di volontari, si integra perfettamente con la cute e con ogni altra superficie sulla quale viene applicato, ed essendo molto flessibile (per via dello strato di poliestere elastico) si può muovere, utilizzare sulle diverse parti del corpo ed allungare senza rompersi o staccarsi. Ma per rendere il dispositivo davvero funzionale gli scenziati dovranno ancora impegnarsi nella ricerca e nello sviluppo di materiali in grado di superare i problemi legati alla sudorazione e alla continua rigerazione cellulare della cute.
Altri usi possibili per dispositivi del genere potrebbero includere non solo il monitoraggio delle onde cerebrali, ha spiegato il professor Rogers, coordinatore della ricerca, ma la realizzazione di veri e propri dispositivi cutanei che sostituirebbero cellulari, pc o tablet. «L'obiettivo è proprio quello di arrivare a rendere indistinguibili i dispositivi elettronici e i tessuti biologici.»
Intanto equipe di ricercatori ed ingegneri stanno raggiungendo mete ancora più lontane, sperimentando una pelle elettronica che restituirà la sensibilità cutanea a persone con protesi o arti artificiali. Lo aveva già annunciato Zhenan Bao, Professore di Ingegneria Chimica all'Università di Stanford, mentre stava sviluppando la sua pellicola composta di nanotubi di carbonio in forma liquida, su cui viene registrata ogni sollecitazione di tipo meccanico. In questo modo è possibile avere informazioni precise ogni volta che questa «super pelle» viene sfiorata, palpata o punta, proprio come lo strato di epidermide riesce a fare grazie alle terminazioni nervose collegate con il cervello.
Dopo Zhenan Bao, i ricercatori del TUM (Technical University Munich), in Germania, hanno creato un circuito esagonale composto da una serie di sensori che rilevano la temperatura esterna: «Questo ha permesso ai robot sui quali è stata posizionata la «e-skin» di reagire persino agli oggetti lontani un centrimetro da loro», ha spiegato Philip Mittendorfer, capo del progetto. «Anche un fascio di luce rivolto sulla pelle sintetica fa sì che il braccio del robot si muova». Con la promessa, nel prossimo futuro, di far riacquistare la sensibilità tattile a chi è privo di un arto, grazie al rivestimento delle protesi con pelle artificiale.
Sempre europea è la ricerca condotta da Stèphanie Lacour nell'Università di Cambridge, impegnata nella costruzione di circuiti elettronici di silicone extra flessibili e infrangibili, anche in questo caso con lo scopo di poter rivestire protesi o creare interfacce tattili: un progetto commissionato dalla multinazionale Nokia, che sembra voler utilizzare questa innovativa tecnologia per i «cellulari del futuro».
E per non trascurare nessuna «questione di pelle», ancora in Germania, precisamente presso il Fraunhofer Institute for Interfacial Engineering and Biotechnology, ogni giorno si producono 5000 piccoli dischi di pelle sintetica monitorati da particolari macchinari e robot che ne verificano la corretta crescita cellulare. Utilizzata fino ad ora solo per test cosmetici, i ricercatori assicurano che presto «la pelle elettronica sarà disponibile per ricostruire ferite profonde dovute a bruciature o traumi di altro tipo».