L'intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il lavoro di molti settori, incluso quello medico, dove offre importanti prospettive di sviluppo ma anche alcuni rischi. Per quanto riguarda la dermatologia, negli ultimi anni, sono stati sviluppati numerosi strumenti e applicazioni basati sull'IA per assistere i dermatologi nella diagnosi e nel trattamento.
Gli algoritmi di apprendimento automatico, ad esempio, possono essere addestrati utilizzando grandi database di immagini clinico-dermoscopiche per riconoscere e classificare diversi tipi di lesioni cutanee. Questi strumenti possono facilitare i dermatologi nella diagnosi e consentire di prendere decisioni più rapide. Inoltre, le applicazioni basate sull'IA consentono il monitoraggio nel tempo delle lesioni cutanee, utilizzando algoritmi per analizzarle e valutarne l’eventuale evoluzione.
L’IA ha anche il potenziale ruolo di aiutare il processo di personalizzazione della terapia nelle malattie infiammatorie sulla base di caratteristiche specifiche del paziente come la gravità della malattia, la risposta ai trattamenti precedenti e come la gravità della malattia, la risposta ai trattamenti precedenti e i fattori di rischio individuali. Tutto ciò può essere anche surrogato da un’analisi della letteratura scientifica operata mediante IA, con integrazione dei risultati provenienti da diversi set di dati clinico-molecolari.
Tuttavia, è importante sottolineare come, nonostante i significativi progressi dell’IA, quest’ultima non possa sostituire il dermatologo.
Infatti, come evidenziato in un recente studio sull’utilizzo dell’IA nella diagnosi di tumori cutanei pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “Journal of Investigative Dermatology” [1], l’IA presenta anche dei rischi. Innanzitutto, è possibile incorrere in errori diagnostici, specie se l’IA è stata addestrata su datasets non rappresentativi o di dimensioni limitate. In particolare, alcuni fototipi meno rappresentati nei database di training potrebbero essere penalizzati nei successivi algoritmi diagnostici. Inoltre, l’utilizzo di ampie banche dati con caratteristiche clinico-anamnestiche dei pazienti apre diversi interrogativi in termini di privacy. Infine, lo sviluppo, l'implementazione e la manutenzione di sistemi di IA in dermatologia possono risultare costosi, rendendo difficile l'accesso a queste tecnologie.
In conclusione, l’IA rappresenta un’opportunità notevole anche in ambito dermatologico, soprattutto se adoperata in modo coscienzioso a supporto del percorso diagnostico-terapeutico che però, deve restare sempre guidato dallo specialista dermatologo.
Mario Valenti Medico chirurgo, specializzato in Dermatologia e Venereologia presso Humanitas University, attualmente opera come dermatologo presso l’Istituto Clinico Humanitas e ricopre il ruolo di ricercatore presso Humanitas University, continuando l’attività di pubblicazione e revisione di articoli scientifici. Nel corso della sua carriera ha avuto l’opportunità di svolgere esperienze all’estero, presso University Hospital Zurich in Svizzera, dove ha approfondito il management dei tumori cutanei avanzati (tramite immunoterapia, terapie target, hedgehog inhibitors) e perfezionato il loro trattamento chirurgico. Le sue aree di attività includono la diagnosi e il trattamento delle malattie cutanee immuno-mediate (per esempio psoriasi, dermatite atopica, idrosadenite suppurativa, alopecia areata) e dei tumori cutanei come il melanoma, il carcinoma basocellulare, le cheratosi attiniche e il carcinoma spinocellulare. Si occupa anche di dermato-chirurgia e di terapie fisiche come terapia fotodinamica, diatermocoagulazione e laserterapia. Socio delle più importanti società italiane di dermatologia (Sidemast, ADOI, IMI), partecipa a numerosi congressi nazionali e internazionali, anche in qualità di relatore/docente ed è membro dell’editorial advisory board della rivista Dermatology and Therapy