Proteggere la pelle dai raggi ultravioletti è importante non solo d'estate. Il sole preso in montagna, infatti, è da temere tanto quanto quello preso al mare. Forse anche di più, considerato che neve e ghiacciai riflettono la luce solare più dell'acqua del mare, aumentando la quantità di raggi Uv che colpisce la pelle. Per assicurarsi contro lo sviluppo del melanoma, il tumore più grave che colpisce la cute, la parola d'ordine resta dunque prevenzione
Tempo di neve, e quindi anche di sole. Quello preso in montagna, anche durante i mesi invernali, è da temere tanto quanto quello preso al mare, sdraiati sulla sabbia o sul bagnasciuga. Forse anche di più: neve e ghiacciai, infatti, riflettono la luce solare più dell'acqua del mare, aumentando la quantità di raggi Uv che colpisce la pelle. Preservare quest'ultima dai raggi ultravioletti è dunque un'assicurazione contro lo sviluppo del melanoma, il tumore più grave che colpisce la cute. Paola Queirolo, oncologa presso l'Ircss San Martino e presidente dell'Intergruppo Melanoma Italiano ci spiega come fare per prevenire la malattia e le nuovi armi terapeutiche oggi a disposizione.
Un tumore in ascesa. Considerato fino a pochi anni fa una neoplasia rara, il melanoma oggi è in continua ascesa in ogni parte del mondo: numerosi studi suggeriscono che la sua incidenza è addirittura raddoppiata negli ultimi dieci anni. In Italia, lo scorso anno, sono stati registrati 12mila nuovi casi, con una mortalità che è maggiore nelle regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali.
Come proteggersi. In inverno, come d'estate, la parola d'ordine è protezione solare e poca esposizione. Se si va in montagna a sciare è d'obbligo usare una crema per viso e decolletè con protezione alta, almeno 30, soprattutto per i bambini e gli adolescenti: il principale fattore di rischio per lo sviluppo del melanoma è infatti l'eccessiva esposizione ai raggi solari, specialmente quella acquisita fin dalla giovane età perché i danni al Dna cellulare si accumulano favorendo la trasformazione tumorale. Una malattia contro cui occorre "giocare d'anticipo con una protezione adeguata che deve iniziare già da bambini, visto che le scottature in tenera età sono uno dei principali fattori di rischio", spiega Queirolo. "Altrettanto importante è seguire regolarmente i controlli dei nei dal dermatologo, specie se si notano dei cambiamenti". Vietate per gli under 18 lampade e lettini, da usare comunque con prudenza anche in età adulta.
I nei sotto controllo. Cinque sono i fattori da tenere sotto osservazione, come le prime cinque lettere dell'alfabeto. A come asimmetria del neo; B come bordi, se sono frastagliati; C come colore, perché il melanoma si presenta con diverse sfumature di colore (marrone, nero, rosso, bianco) al contrario del neo normale che è di un solo colore intenso; D come dimensioni, se supera i 6 millimetri e tende a crescere; E come evoluzione, se cresce anche in volume. In presenza di uno o più di questi fattori si deve andare dal medico. Chi ha familiarità o presenta molti nei deve anche programmare una mappatura di questi ultimi, con una periodicità variabile che verrà indicata dal dermatologo.
La diagnosi. Per avere la certezza che si tratta di un melanoma bisogna procedere alla biopsia del tessuto, cioè al prelievo di una piccola area che viene studiata al microscopio. Si può usare anche l'epiluminiscenza, che permette di ingrandire e illuminare la pelle in modo da poterne osservare anche gli strati più profondi. Una volta stabilito che si tratta di un tumore si procede a test specifici, come quelli che individuano mutazioni genetiche tipiche di alcune forme e utili per definire il trattamento migliore, oltre che a esami che servono a identificare eventuali metastasi.
La terapia. Il trattamento viene deciso sulla base di diversi parametri: età del paziente, stadio di avanzamento del tumore, sede della lesione, tipo di melanoma. Il primo passo è sempre l'asportazione chirurgica del tumore, a cui si può associare la valutazione del linfonodo "sentinella". Ossia di quello più prossimo alla sede della lesione che potrebbe contenere alcune cellule tumorali: se risulta positivo si asporta insieme a tutti i linfonodi dell'area. I pazienti con linfonodi positivi (stadio III), così come quelli allo stadio IV, dopo l'operazione vengono trattati con terapie mirate o radioterapia. Circa la metà ha una mutazione genetica che porta alla replicazione più veloce delle cellule tumorali, che perdono il meccanismo dell'apoptosi, cioè della morte programmata. Ma oggi esiste un farmaco che si lega proprio alla proteina prodotta del gene mutato, BRAF V600. "Per noi clinici si tratta di un'opportunità terapeutica importante nella lotta a una forma tumorale che, negli ultimi anni, ha visto sviluppare trattamenti che hanno modificato l'aspettativa di vita dei pazienti con melanoma avanzato", conclude Queirolo.