Si chiama semaforina E3 ed è una molecola che regola la produzione di metastasi nel melanoma e nel tumore al colon retto. La scoperta è in uno studio di un team dell'Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo, in provincia di Torino. «La semaforina agisce proprio come una chiave, una volta inserita nella serratura apre la porta alle metastasi. Bloccandola si può evitare che il cancro si diffonda nell'organismo», spiega il professor Luca Tamagnone, autore della ricerca pubblicata sul Journal of Clinical Investigation.
La scoperta di questa famiglia di molecole rappresenta un passo in avanti nella cura della malattia. Le semaforine, infatti, regolano il movimento delle cellule, anche quelle «anomale», e sono molto abbondanti nei tumori invasivi che formano metastasi. E la E3, in particolare, ha dimostrato di essere un ottimo indicatore.
Il trial clinico è ancora lontano. Per adesso l'esperimento è stato condotto in laboratorio su cavie. «Abbiamo osservato - spiega Tamagnone - che negli animali con melanoma e tumore del colon retto la semaforina, se presente in grandi quantità, agiva proprio come un segnale di via alla formazione delle metastasi. Bloccandola con un'altra semaforina modificata, anch'essa ricreata in laboratorio, il tumore smette di diffondersi e di contagiare altri organi». Va detto però che questo «bloccante», così come è, ha molti difetti: non può funzionare nell'uomo, è molto difficile da produrre e non è stabile.
Nonstante ciò, Luca Tamagnone si dichiara soddisfatto: «Abbiamo scoperto uno dei meccanismi che innesca le metastasi e ne abbiamo inibito la funzionalità - dice - anche se siamo consapevoli che la strada per arrivare all'esperimento vero e proprio è ancora lunga. Dobbiamo trovare infatti un modo per testare la molecola anche nei pazienti». Insomma, per adesso i ricercatori hanno individuato il meccanismo ma perché i malati possano usufruire di farmaci mirati bisogna ancora aspettare.
Nello stesso numero della rivista è pubblicato un altro studio dell'istituto di Candiolo, che è finanziato dalla fondazione piemontese per la ricerca sul Cancro e dall'università di Torino. I ricercatori guidati da Alberto Bardelli hanno scoperto che l'Everolimus, un farmaco finora usato solo nel carcinoma del rene, è efficace anche in quelli del colon retto che presentano una particolare variante genetica.