Secondo le stime, l’80% dei farmaci utilizzati nella medicina occidentale contiene uno o più principi attivi derivati da specie vegetali o sviluppati sinteticamente da esse. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha determinato che a livello globale circa 4 milioni di persone si curano utilizzando medicinali a base di sostanze estratte dalle piante.
In tutto il mondo, oltre 35 mila specie vegetali sono utilizzate a scopo medico. Ne esistono però altre 420mila su cui si hanno limitate conoscenze.
Questi dati sono presenti nell’ultima newsletter curata dall’Istituto superiore di sanità. Dalle piante si ricavano numerosi principi attivi per creare rimedi, effettivi o potenziali, contro varie patologie. Un esempio è la morfina, utilizzata come analgesico per il trattamento del dolore intenso ed estratta dal papavero da oppio (Papaver somniferum) fin dal 1805; il chinino, dotato di proprietà antipiretiche, antimalariche e analgesiche, è stato scoperto nel 1920 nella Chincona officinalis; la penicillina, individuata da Alexander Fleming nel 1928 e utilizzata contro le infezioni batteriche a partire dal 1941, è estratta dal fungo Penicillum notatum. Infine, la streptomicina, impiegata nel trattamento della tubercolosi, deriva dallo Streptomyces griseus, un batterio aerobio gram-positivo.
"Il notevole aumento dell'utilizzo di prodotti naturali a scopo terapeutico o come integratori alimentari richiede con urgenza una maggiore attività di ricerca per chiarire la loro effettiva efficacia terapeutica e gli eventuali effetti collaterali", spiega la ricercatrice dell’Istituto superiore di sanità Francesca Mondello. Secondo l’esperta, le istituzioni dovrebbero impegnarsi per controllare la qualità dei prodotti in commercio e diffondere un’informazione corretta sull’utilizzo di questi farmaci ‘naturali’.
“È necessario ribadire che non sempre ciò che è naturale è anche innocuo”, conclude Mondello.