Melanoma: nei microRNA la chiave della resistenza ai trattamenti
Il tumore per sfuggire alle cure deve liberarsi di alcune molecole e acquisirne altre
Segreteria SIDeMaST, 11 Dec 2018 02:30
Il tumore per sfuggire alle cure deve liberarsi di alcune molecole e acquisirne altre
Segreteria SIDeMaST, 11 Dec 2018 02:30
È “colpa” di alcuni microRNA, brevi sequenze di RNA non codificanti, se il melanoma sviluppa resistenza alle terapie. Riportare queste molecole al loro stato fisiologico può rendere nuovamente efficaci i farmaci. È quanto hanno scoperto ricercatori dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma in uno studio sostenuto da AIRC, svolto in collaborazione con l’Università di Roma “Sapienza” e con l’IRCCS Pascale di Napoli. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Cell Death & Differentiation.
Il melanoma è il tumore più aggressivo della pelle. La sua diffusione in Italia è raddoppiata negli ultimi 10 anni: sono circa 7.300 i nuovi casi ogni anno tra gli uomini e 6.700 tra le donne. Fino a pochi anni fa la forma metastatica era difficilmente curabile, ma recentemente la ricerca ha raggiunto importanti successi che hanno consentito in molti casi di prolungare notevolmente la sopravvivenza. Le attuali terapie per il melanoma sono di due tipi: l’immunoterapia con gli inibitori dei checkpoint immunitari e le terapie a bersaglio molecolare con farmaci inibitori delle chinasi. Lo sviluppo di queste ultime molecole è originato dalla scoperta che in molti casi questo tumore è legato a un gene mutato di nome BRAF. La proteina alterata prodotta da BRAF può essere efficacemente colpita con terapie mirate, in grado di uccidere solo le cellule malate, risparmiando quelle sane.
Nonostante questi progressi, i farmaci che agiscono sul gene BRAF sono soggetti allo sviluppo di resistenza. Ora il gruppo di ricercatori coordinato dal direttore scientifico dell’Istituto Regina Elena, Gennaro Ciliberto, ha fatto luce su un meccanismo di sviluppo della resistenza. Il team ha scoperto anche che i microRNA prodotti dai tumori possono essere riconosciuti nel sangue come biomarcatori attraverso la biopsia liquida. “Benché preliminare il nostro studio offre nuove opportunità terapeutiche e diagnostiche che potranno, se ulteriormente approfondite, essere utilizzate per esercitare un crescente controllo di questa malattia”, ha detto Ciliberto.