Dermatologia / Rassegna stampa

Per tenere davvero lontane le allergie i bambini devono mangiare di tutto

Fino a poco tempo in Inghilterra e negli Usa era un dogma: i bambini ad alto rischio di allergie alimentari non dovevano mangiare cibi "pericolosi" come le noccioline prima di aver compiuto tre anni

Segreteria SIDeMaST, 14 Mar 2016 10:09

Argomenti: allergie
Per tenere davvero lontane le allergie i bambini devono mangiare di tutto

Smentita l'ipotesi che abolire cibi «pericolosi», come le noccioline, nelle prime fasi dello svezzamento possa ridurre il rischio di allergie alimentari. È vero il contrario

Fino a poco tempo in Inghilterra e negli Usa era un dogma: i bambini ad alto rischio di allergie alimentari non dovevano mangiare cibi "pericolosi" come le noccioline prima di aver compiuto tre anni. L'ipotesi era che non facendo incontrare ai piccoli probabili allergeni si potessero scongiurare guai; ora uno studio uscito sul New England Journal of Medicine dimostra che la teoria era sbagliata e che la prevenzione si fa seguendo il calendario normale di svezzamento. Lo studio è stato condotto su bimbi con eczema atopico e allergia all'uovo, quindi ad alto rischio, nei quali si è scelto di introdurre regolarmente le noccioline oppure evitarle fin dopo i tre anni; seguendo i partecipanti fino a sei anni e oltre, i ricercatori si sono accorti che nei piccoli senza restrizioni dietetiche la probabilità di allergie era crollata dell'80% rispetto a quelli tenuti alla larga dalle noccioline, per di più la tolleranza acquisita non veniva persa neppure smettendo di mangiare frutta secca per un anno. A seguito di dati così schiaccianti gli americani cambieranno le loro linee guida, quelle europee però già da 10 anni raccomandano che lo svezzamento dei bimbi a rischio di allergie, per esempio perché figli o fratelli di soggetti allergici agli alimenti, sia identico a quello normale.

La «finestra di opportunità»

«Proporre in ritardo i cibi allergizzanti non solo è inefficace nel prevenire le allergie, è addirittura controproducente - sottolinea Antonella Muraro, presidente dell'European Academy of Allergology and Clinical Immunology (EAACI) e responsabile del Centro di Riferimento per le Allergie e le Intolleranze alimentari dell'Università di Padova -. Esiste infatti una "finestra di opportunità" per la prevenzione, al di sotto del primo anno di vita, in cui l'esposizione ai cibi potenzialmente sensibilizzanti è protettiva perché favorisce la tolleranza immunitaria. Escludere determinati alimenti è dannoso perché se, per esempio, il bimbo soffre di dermatite atopica, come spesso accade nei soggetti a rischio, la pelle non è una buona barriera e gli allergeni di uovo, latte, noci o noccioline possono essere "conosciuti" dal sistema immunitario per via cutanea. Se succede però è molto peggio: introdurli per bocca facilita la tolleranza, venirci a contatto con la pelle invece promuove una reazione immunitaria anomala. Attenzione anche a non anticipare troppo l'introduzione di cibi allergizzanti: per una buona prevenzione delle allergie alimentari occorre seguire i tempi indicati dal calendario di svezzamento normale».

Le regole per la mamma

Le altre regole anti-allergie alimentari sono tutte per la mamma: no al fumo da molto prima di mettere in cantiere un figlio (le alterazioni che favoriscono le allergie nella prole si hanno già durante l'adolescenza, nelle fumatrici), sì a una dieta ricca di antiossidanti e a un'esposizione corretta al sole per non avere carenze di vitamina D, un prezioso immunomodulante; in gravidanza e durante l'allattamento no alle diete restrittive. Se nonostante tutto l'allergia compare, l'obiettivo è diagnosticarla presto e bene per evitare reazioni gravi: purtroppo, come ha segnalato un'indagine appena presentata al congresso dell'American Academy of Pediatrics, ancora oggi una reazione anafilattica su cinque avviene in bambini o ragazzi che non sapevano di essere allergici, spesso e volentieri a scuola. Un problema, perché l'unico intervento salvavita è l'iniezione di adrenalina e tuttora nel nostro Paese non è un farmaco che fa parte della cassetta di pronto soccorso delle scuole.

L'iniezione di adrenalina

«Non c'è una normativa nazionale sulla formazione degli insegnanti per gestire emergenze allergologiche, solo iniziative locali grazie alle quali docenti, autisti e operatori scolastici seguono corsi specifici e possono poi dare l'adrenalina ma solo al paziente allergico noto, che abbia un certificato medico - spiega Antonella Muraro -. Se uno studente ha una reazione grave in classe ma non è già diagnosticato come allergico l'insegnante che intervenga può essere accusato di abuso della professione medica: tuttavia chi segue i corsi di formazione e capisce che l'adrenalina è un farmaco facile da somministrare e senza effetti collaterali pericolosi, anche quando viene data per errore a chi non ha un vero shock anafilattico in atto, poi non si sottrae e in caso di emergenza la usa, pure in chi non ha il certificato di allergia». Agire con tempestività peraltro è l'unico modo per evitare l'anafilassi bifasica, un ulteriore shock dopo qualche ora dal primo: non è raro nei bimbi dai 6 ai 9 anni, in chi ha avuto una prima reazione grave e soprattutto in chi non è stato trattato velocemente con adrenalina. «Prima si dà, più diminuisce il rischio di una ripresa della reazione anafilattica. Per questo in chi è più a rischio, per esempio pazienti con asma o che hanno già avuto uno shock, potrebbe essere utile avere con sé due "penne" per iniettare adrenalina», conclude la specialista.

  • keyboard-arrow-right Fonte Corriere della Sera
  • keyboard-arrow-right Autori Elena Meli
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