Dermatologia / Rassegna stampa

Una nuova cura per la vitiligine

La soluzione è offerta dall'Istituto Dermatologico San Gallicano (ISG) che introduce un nuovo metodo terapeutico sviluppato a Bordeaux dal Prof. Yvon Gauthier, si tratta del trapianto autologo dei melanociti

Segreteria SIDeMaST, 12 Jun 2010 03:17

Una nuova cura per la vitiligine

La soluzione è offerta dall'Istituto Dermatologico San Gallicano (ISG) che introduce un nuovo metodo terapeutico sviluppato a Bordeaux dal Prof. Yvon Gauthier, si tratta del trapianto autologo dei melanociti.

Studi scientifici danno conferma che questa metodica è poco invasiva, dà buoni risultati estetici ed è di facile esecuzione. Bisogna dire inoltre che l'ISG è il primo Istituto del Centro Sud ad utilizzare il laser e la luce ad eccimeri per la ripigmentazione delle macchie bianche.

Questa è una terapia mirata e modulabile e non prevede l'irradiamento dell'intera cute ma solo delle aree affette da vitiligine. In questo modo è possibile eliminare i rischi e gli effetti collaterali della fototerapia.

La vitiligine infatti non è una malattia contagiosa ma neanche un semplice disturbo estetico poiché sono molte le implicazioni di tipo sistemico legate ad essa, un disordine cronico della pelle che è ereditario.

Spiega Mauro Picardo, Direttore del Laboratorio di Fisiopatologia Cutanea ISG : «Il nostro istituto è impegnato in un progetto internazionale di screening dei geni potenzialmente responsabili della suscettibilità alla vitiligine, si tratta di uno studio coordinato dal prof. Spritz dell'Università del Colorado (USA) e che vede la partecipazione di molti dei maggiori centri americani, europei e asiatici di ricerca clinica e sperimentale sulla vitiligine. Tuttavia se da un lato l'attività di ricerca del Laboratorio Di Fisiopatologia Cutanea, condotta anche in collaborazione con altri istituti di ricerca italiani ed internazionali, ha sottolineato il verificarsi di un'alterazione a livello sistemico alla base della vitiligine, dall'altro, in linea coi più recenti indirizzi della ricerca internazionale, sta puntando a verificare quali sono le cause delle specifiche alterazioni funzionali dei melanociti».

Le ricerche sono focalizzate non solo a chiarire le cause di questa malattia ma anche al miglioramento delle tecniche terapeutiche. Afferma Giovanni Leone, Responsabile Fototerapia ISG: «La nostra esperienza ormai quinquennale con la fototerapia UVB a banda stretta ci ha indotto a privilegiare questa metodica terapeutica. Tuttavia sono di grande interesse i risultati preliminari che stiamo ottenendo con il laser e luce ad eccimeri, metodica che consente una terapia mirata e modulabile solo delle aree affette da vitiligine senza interessare l'intera cute; in questo modo si eliminano in gran parte i rischi e gli effetti collaterali della fototerapia. Tra le novità l'ultima frontiera in campo terapeutico è rappresentata dal trapianto autologo di melanociti e cellule basali che rappresenta una possibile terapia per forme di vitiligine segmentaria, caratterizzata da una disposizione segmentaria e metamerica delle lesioni, da una scarsa evolutività in quanto tende ad arrestarsi dopo un anno e da una risposta incompleta alla fototerapia e ad altri trattamenti».

La tecnica di trapianto autologo di melanociti consiste del prelievo di un piccolo frammento superficiale di cute dal cuoio capelluto e la preparazione del materiale prelevato avviene attraverso una complessa procedura di dissociazione e la selezione e la conservazione delle cellule epidermiche in condizioni standardizzate.

Così nell'arco di 24 ore la sospensione cellulare viene iniettata in bolle appositamente create con la crioterapia nella zona colpita da vitiligine.

In seguito la zona viene sottoposta a medicazioni e solo dopo dieci giorni si procede alla stimolazione delle cellule impiantate e dei melanociti con il laser ad eccimeri, per arrivare alla ripigmentazione. Afferma Il Direttore Scientifico dell'Istituto San Gallicano, il dott. Aldo Di Carlo: «Oggi le nostre conoscenze su questa patologia sono notevolmente progredite, tuttavia c'è ancora molta strada da percorrere. La speranza è di procedere insieme ai malati nel cammino delle conoscenze, con il reciproco vantaggio per i pazienti di essere aggiornati sullo stato delle ricerche e per lo specialista di acquisire dati e indicazioni dirette di questa patologia».

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