Dermatologia / Rassegna stampa

Sole fuori stagione, due milioni di italiani si scottano e sono a rischio

Circa un italiano su quattro si concede una vacanza invernale al mare o in montagna, ma ben due milioni di connazionali (il 20 per cento di chi parte) finiscono per scottarsi, rovinandosi riposo e divertimento

Segreteria SIDeMaST, 01 Mar 2016 09:34

Argomenti: sole tumore
Sole fuori stagione, due milioni di italiani si scottano e sono a rischio

Sulla neve e in spiagge lontane: a ustionarsi sono soprattutto i più giovani. Un connazionale su 4 si brucia e la soglia da non superare è di 10 scottature nella vita

Circa un italiano su quattro si concede una vacanza invernale al mare o in montagna, ma ben due milioni di connazionali (il 20 per cento di chi parte) finiscono per scottarsi, rovinandosi riposo e divertimento. Nonostante i molti consigli degli esperti, infatti, quasi la metà degli 800 intervistati da una recente indagine ritiene che sia più pericoloso il sole preso in spiaggia d'estate, trascurando i rischi delle ustioni nei mesi freddi, sulle piste da sci o in lidi lontani. Le bruciature, troppo spesso sottovalutate, possono diventare invece un serio problema perché alla lunga finiscono per favorire la formazione di un tumore alla pelle.

Gli italiani si scottano troppo spesso

Stando all'indagine sul sole fuori stagione (promossa da Roche e condotta da GfK Eurisko), in media, ogni italiano finisce per accumulare almeno 5 o 6 scottature nel corso della vita, il 15 per cento degli abitanti del Belpaese supera la soglia critica delle 10 ustioni e il 7 per cento ne subisce addirittura più di 20. Inoltre, un connazionale su quattro dichiara di essersi scottato negli ultimi anni e l'8 per cento confessa di averlo fatto spesso. I più «recidivi» sono i più giovani, tra i 18 e i 34 anni: uno su tre ammette di essersi ustionato spesso, le donne un po' più degli uomini. «Il sole fuori stagione è un fattore che spesso si dimentica nella prevenzione del melanoma - commenta Paola Queirolo, Presidente dell'Intergruppo Melanoma Italiano (IMI) e responsabile dell'Unità Melanoma e Tumori Cutanei al San Martino-IST di Genova -. Eppure, è facile capire che d'inverno la pelle è "fuori allenamento", il sole ai tropici è spesso più "caldo" di quello a cui la nostra cute è abituata e anche in montagna può fare male: i livelli dei raggi ultravioletti aumentano infatti del 10-12 per cento ogni mille metri di altezza. Senza considerare che la neve riflette circa l'80 per cento dei raggi, contro il 25 per cento del mare e il 15 per cento della sabbia. È dunque importante proteggere la pelle tutto l'anno, soprattutto quando ci si espone al sole in modo intensivo e intermittente, come ad esempio nel weekend o nella settimana di vacanza invernale».

Più attente le 25-34enni, che si sono già ustionate più volte

Dall'indagine emergono anche alcuni falsi miti e convinzioni errate su esposizione solare e melanoma. Solo il 39 per cento degli intervistati indica le scottature tra le possibili cause di un tumore della pelle e meno di un terzo riconosce il pericolo delle lampade abbronzanti. Soltanto l'11 per cento degli interpellati ritiene poi di essere a rischio di sviluppare un melanoma: le più "attente" sembrano essere le donne giovani, tra i 25 e i 34 anni, che hanno già provato sulla loro pelle diverse esperienze di scottature (in media di 6-7 ustioni nel corso della vita). «I rischi per la pelle legati alle lampade dei solarium sono invece stati scientificamente documentati, tanto che i lettini sono stati proibiti ai minorenni - commenta Paolo Ascierto, Presidente della Fondazione Melanoma e Direttore dell'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative alla Fondazione Pascale di Napoli -. Ma altrettanto importante è evitare le esposizioni selvagge al sole. E controllare i propri nei da soli e almeno una volta all'anno dal dermatologo, facendo attenzione soprattutto a un neo che cambia forma, colore o che comunque appare strano, diverso da tutti gli altri». Il 62 per cento del campione dichiara però di non avere mai fatto un check up dei nei, che invece rappresenta un mezzo di prevenzione fondamentale per il melanoma, soprattutto per le persone più "a rischio" (pelle molto chiara, familiarità, numero di nei superiore alla media).

Il melanoma colpisce da giovani, in media a 50 anni

«Il melanoma è oggi uno dei principali tumori che insorge in giovane età, in media a soli 50 anni e ben un caso su 5 che viene riscontrato prima dei 40 anni - spiega Michele Del Vecchio, referente per il melanoma dell'Unità di Medicina Oncologica 1 all'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. Per questo motivo soprattutto i giovani devono stare attenti al sole: i danni al DNA cellulare, infatti, si accumulano favorendo la trasformazione tumorale e, dunque, le ustioni solari in giovane età costituiscono uno dei principali fattori di rischio. Oggi in Italia quasi 130mila persone convivono con un melanoma e si registrano più di 11mila nuovi casi all'anno. L'incidenza è in costante ascesa ed è più che raddoppiata negli ultimi 30 anni». Fortunatamente, sebbene questo tumore della pelle sia ancora spesso letale (causa 1900 morti ogni anno nel nostro Paese), negli ultimi anni sono arrivati diversi nuovi farmaci in grado di aumentare significativamente la sopravvivenza delle persone con una particolare forma di melanoma avanzato.

Un nuovo mix di farmaci allunga la sopravvivenza dei malati più gravi

Recentemente, l'Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha approvato la combinazione dei farmaci a bersaglio molecolare vemurafenib e cobimetinib per il trattamento del melanoma avanzato o metastatico con mutazione del gene BRAF (presente in circa la metà dei melanomi), che ha dimostrato di aumentare significativamente la sopravvivenza media dei pazienti fino a quasi due anni. «Il futuro dei trattamenti contro il melanoma sta nelle terapie di combinazione. L'approvazione dell'associazione vemurafenib-cobimetinib in Europa - commenta Paola Queirolo - ne è un'ulteriore conferma e rappresenta un importante passo in avanti per tutti i pazienti. Il nuovo mix terapeutico, infatti, prolunga il tempo vissuto dai pazienti senza peggioramento della malattia, riducendo il rischio di morte fino al 30 per cento». «L'approvazione dell'Agenzia Europea del Farmaco - aggiunge Paolo Ascierto - si basa sui risultati dello studio CoBrim, in cui l'Italia ha avuto un ruolo di primo piano a livello internazionale. Si tratta di uno studio di fondamentale importanza nel trattamento del melanoma: se fino a qualche anno fa la sopravvivenza globale si misurava in mesi, con la soglia critica di 6-9 mesi, oggi arriviamo in media fino a quasi 2 anni. E con una minore tossicità cutanea che un conseguente miglioramento della qualità di vita dei pazienti. È importante sottolineare, prima di tutto, che la maggior parte degli effetti collaterali sono reversibili e transitori, possono essere gestiti con un adeguato trattamento sintomatico e soprattutto che si possono prevenire con una corretta educazione del paziente. Inoltre, è bene ricordare che si tratta di una terapia orale, che comporta dunque un impatto psicologico migliore rispetto alle terapie endovenose».

  • keyboard-arrow-right Fonte Corriere della Sera
  • keyboard-arrow-right Autori Vera Martinella
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