Dermatologia / Rassegna stampa

Cancro, la speranza è toscana

Il centro oncologico di Siena ha elaborato una nuova terapia contro i melanomi basata sul potenziamento del sistema immunitario. Funziona: e ora tutto il mondo guarda a questo esperimento

Segreteria SIDeMaST, 15 Sep 2011 04:25

Cancro, la speranza è toscana

Giocava a basket a livello professionale Letterio Visigalli, due metri di altezza per 110 chilogrammi di muscoli, e aveva disputato oltre 400 partite in serie A, molte delle quali a Siena, nella Men Sana. Aveva smesso da poco l'attività professionale quando, nel 2004, decise di togliere un neo che aveva sempre avuto e che per qualche motivo aveva iniziato a dargli fastidio: si trattava di un melanoma, malattia che spesso colpisce i giovani e che è pericolosamente senza sintomi. Se si toglie quando è in fase iniziale, va tutto bene. Sennò, è la peggiore delle prognosi. Perché, almeno fino a oggi, chi non interveniva molto in anticipo era spacciato. E Visigalli se l'è vista brutta, quando, tre anni dopo l'intervento, è spuntato su un fianco quello che somigliava a un ematoma, e in realtà era una grande metastasi, formatasi insieme ad altre nei linfonodi e nel fegato, alcune delle quali di diversi centimetri.

Ma lui è uno sportivo: crede nel suo fisico e ha una disciplina ferrea. «Ho pensato al ciclista Lance Armstrong e non mi sono lasciato abbattere. Nel mondo si stavano provando nuove terapie e nella mia città era arrivato Michele Maio, esperto di melanoma. Gli ho parlato». E Maio era la persona giusta. Ma, soprattutto, la circostanza favorevole è stata di trovarsi a Siena dove c'è il primo e unico centro italiano di Immunoterapia oncologica, presso il Policlinico Le Scotte.

Il merito dell'intuizione geniale che ha portato all'apertura del centro, a Siena se lo prendono in molti: c'è di mezzo la virtuosa regione Toscana con la sua sanità d'eccellenza, il fatto che la ricerca biomolecolare all'università è di grande prestigio, che gli amministratori di Le Scotte cercavano una punta di diamante (magari per far dimenticare qualche scandalo). E poi c'è il fatto che il direttore dell'Istituto Toscano dei Tumori è Lucio Luzzatto, genetista e gloria della ricerca oncologica richiamato in Italia dagli Usa dove hanno da tempo capito che l'innovazione in oncologia si ottiene coniugando ricerca di base e clinica. E questa è, di fatto, la filosofia di Michele Maio.

Non solo: il centro dell'interesse a Siena è concentrato sull'oncologia medica moderna, l'immunoterapia, ovvero il tentativo di usare il sistema immunitario del malato per fargli combattere la guerra al cancro. E' un trend emergente e qui diamo conto delle molte sperimentazioni nel mondo per i diversi tipi di tumore. Maio studia queste tematiche da sempre, e la Bristol-Myers-Squibb non poteva che far sperimentare a Siena il suo farmaco dalle uova d'ora: si chiama ipilimumab, è una terapia immunologica contro il melanoma metastatico. E funziona.

Maio ne ha parlato col cestista Visigalli. Gli ha prospettato la possibilità di entrare nella sperimentazione. E sfidare le incognite che questo implica. «Mi sono fatto spiegare che prospettive avevo e insieme abbiamo deciso che avrei fatto parte di coloro che, in doppio cieco, cioè senza che né io né i medici sapessimo che cosa stavo assumendo, sarebbero stati curati con un nuovo immunoterapico, l'ipilimumab». Oggi molte delle sue metastasi sono scomparse e la malattia sembra in regressione o comunque abbastanza stabile da consentirgli, a 44 anni, una vita normale, ancorché super-monitorata: il lavoro in una grande azienda, una nuova compagna, il figlio ventunenne che lo ha superato in altezza. E un bel po' di sport: al ventottesimo ciclo di ipilimumab, ha preso l'abitudine, dopo le infusioni, di andare a nuotare per un'ora o di fare un giro in bicicletta.

Maio è molto soddisfatto e parla del suo paziente zero convinto che abbia dimostrato qualcosa che va oltre l'ipilimumab: Visigalli, insieme al centinaio di pazienti entrati nella sua sperimentazione, è infatti la prova vivente del fatto che la determinazione del paziente è fondamentale nell'affrontare la malattia e che in medicina l'ostinazione (basata su solide fondamenta scientifiche) paga, così come paga il pensiero eterodosso. Perché eterodosso?

«Tutti abbiamo sistemi di regolazione delle difese che fanno sì che la reazione immunitaria ci sia ma, a un certo punto, venga spenta», spiega Michele Maio: «Nei malati di tumori lo spegnimento è però deleterio, perché quando il sistema immunitario è disattivato, le cellule malate riescono a crescere e a diffondersi. Di qui l'idea di tentare di togliere il freno fisiologico, per avere un supersistema immunitario che riesca a spazzare via le cellule anomale in maniera continuativa, fino alla vittoria finale. Ipilimumab fa appunto questo, permettendo all'organismo di condurre da solo la sua battaglia, e spesso di vincerla, aiutato in certe fasi dalla chemioterapia, che ne potenzia l'effetto».

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